Forse si ricorderà che il Ministro della Salute, muovendo dalla constatazione della necessità di stabilire chi, fra i vari tesserati, dovesse sottoporsi alla visita per ottenere la certificazione medica di idoneità alla pratica sportiva non agonistica, sul presupposto dello svolgimento di attività sportiva, demandò al CONI il compito di distinguere i tesserati che svolgono attività sportive regolamentate, da coloro i quali svolgono attività sportive che non comportano impegno fisico, dai tesserati, infine, che non svolgono alcuna attività sportiva, obbligando solo i primi ad effettuare la visita medica.
In linea con queste indicazioni, il CONI, (Circolare CONI Certificati Medici 10 giugno 2016) con il parere favorevole e definitivo del Ministero della Salute, ha chiarito che l’obbligo di certificazione medica per la pratica di attività sportiva non agonistica è posto solo a carico dei soggetti “tesserati che svolgono attività sportive regolamentate”; ovvero a carico dei tesserati, che praticano attività sportiva non agonistica organizzata dal CONI, da società o associazioni affiliate a Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate o Enti di promozione sportiva, purché non si tratti di attività caratterizzate dall’assenza o dal ridotto impegno cardiovascolare.
Se, ad una prima analisi, quest’ultima categoria sembra esaurirsi in un elenco di attività ben definite (sono menzionate le seguenti discipline: sport di tiro, biliardo sportivo, bocce – ad eccezione della specialità volo di tiro veloce -, bowling, bridge, dama, giochi e sport tradizionali, golf, pesca sportiva di superficie – ad eccezione delle specialità del long custing e del big game -, scacchi, curling e stock sport), in realtà ad un’attenta lettura si evince anche l’esistenza di una clausola ampia, finalizzata ad escludere dall’obbligo di certificazione medica la pratica di tutte le attività (riconducibili a Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate ed Enti di promozione sportiva) caratterizzate da un impegno fisico evidentemente minimo (ad es., aeromodellismo, imbarcazioni radiocomandate, attività sportiva cinotecnica).
Una simile disposizione, e in particolare l’elencazione non esaustiva ma esemplificativa di attività sportive non sottoposte a particolari obblighi (di certificazione sanitaria o di dotazione del defibrillatore), già nota al Decreto Balduzzi, si presenta invero foriera di dubbi e perplessità.
La circostanza per cui il CONI, nell’ultima circolare, abbia raccomandato ai tesserati esonerati dall’obbligo della certificazione per attività sportiva non agonistica, in quanto praticanti discipline caratterizzate dal ridotto impegno cardiovascolare, l’opportunità di un controllo medico prima dell’inizio dell’attività sportiva, è un elemento che non deve essere trascurato – oltre che dai diretti interessati anche – dai gestori di impianti sportivi. Il mancato recepimento di un simile consiglio, “codificato” in una prescrizione normativa potrebbe essere fonte di responsabilità nella malaugurata ipotesi di un evento lesivo.
Anche la previsione della clausola “aperta” che esclude la certificazione per gli sport in cui l’impegno fisico è evidentemente minimo può rivelarsi “pericolosa”, qualora a un tesserato non venga chiesta la certificazione medica sul presupposto della qualificazione della disciplina in tal senso, poi smentita in un eventuale giudizio.
È quindi raccomandabile un’attenta valutazione delle discipline non espressamente considerate “a ridotto impegno cardiovascolare”; la richiesta della certificazione, soprattutto nei casi dubbi, è fortemente auspicabile, come più volte ribadito, non solo a tutela della salute dei praticanti bensì anche come strumento di esonero da responsabilità per i dirigenti.
L’ultima categoria di tesserati, contemplata dalla recente circolare esplicativa del CONI, concerne i tesserati “non praticanti”, esonerati dalla certificazione per attività sportiva non agonistica purché all’atto del tesseramento sia espressamente indicato che il soggetto tesserando non pratica alcuna attività sportiva.
Alla luce dei chiarimenti forniti recentemente, si ribadisce, ancora una volta, la necessità di prestare particolare attenzione alla qualificazione della disciplina sportiva praticata dai propri tesserati e di non sottovalutare l’importanza della richiesta della certificazione medica.